Ci conoscevamo da oltre dieci anni.
Ci eravamo visti il 19 aprile.
Avevamo parlato di profili di personalità e di cosa “cercare” negli assessment, per garantire discontinuità nella continuità in un’azienda che avevamo definito come un ecosistema stabilmente dinamico.
Ogni nostro incontro era come vivere in un caleidoscopio di immagini ricche di suggestioni e di colori.
Discutevamo dell’obsolescenza delle scorte di conoscenza, volevamo costruire un’azienda capace di “imparare ad imparare”, disegnavamo profili di personalità capaci di connettersi e contaminarsi, parlavamo di senso di responsabilità e pensiero adattivo.
Sognavamo un’azienda dematerializzata, cross funzionale, digitalizzata, innovativa, ordinata nel disordine, ricca di rigore metodologico e di persone capaci di accettare anche le verità più scomode.
Avevamo iniziato a parlare di “attitudini” e non più di “competenze”, come elementi critici da ricercare e da valorizzare internamente al capitale intellettuale.
Pensavamo che il futuro sarebbe stato di persone capaci di guidare senza punti di riferimento gerarchici, persone predisposte al rischio, continuamente in cerca di cambiamento e con capacità di distruzione creativa.
Persone dotate di sentimenti e di emozioni da trasmettere, in grado di saper leggere anche le emozioni dei compagni di viaggio e di prendersi cura di loro.
Persone capaci di capire che il gruppo non è una squadra e che è meglio essere utili che non indispensabili.
Persone in grado di lavorare per rendere vecchio ciò che si fa il giorno prima, sapendo che il futuro sostituirà parole quali controllo, ordine e stabilità con parole quali crescita, creatività e incertezza.
Persone non rare ma certamente “uniche” che insieme avremmo dovuto intercettare, avvicinare, capire.
Il 9 giugno mi avevi invitato a cena con mia moglie nella Tua casa di Castiglioncello, per stare un po’ insieme e per continuare a chiacchierare: invito, via whats.app, che mi avevi scritto prima di prendere l’aereo per Boston e che ancora oggi mi onoro di conservare nel cellulare.
Mi mancherai molto, amico mio.
Ma continuerò a farTi vivere, perché ciò che mi hai donato, nella Tua generosità e con il Tuo sorriso, è il Tuo intelletto, sono le Tue visioni, le Tue emozioni, i Tuoi pensieri e i Tuoi desideri.
Ti ho voluto e continuerò a volerTi bene.
Pasquale
Pasquale Bressi Pizzimenti
Amministratore Delegato e Direttore Scientifico
Società di Scienze Comportamentali s.r.l.